Travaglini, la felice complessità del Gattinara

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Travaglini, la felice complessità del Gattinara

25 Maggio 2021

Un «arcobaleno» sotto terra. Si potrebbero descrivere così le terre del Gattinara.


Se si potesse usare una metafora “di colore”, tuttavia, l’immagine dell’arcobaleno sotterraneo sarebbe appropriata. Merito del supervulcano fossile esploso in circa 300 milioni di anni fa che, sotto la spinta della placca africana, si “capovolse” eruttando un’immensa quantità di materiale lavico, soprattutto rocce fuse, oggi parte integrante dei suoli compresi tra la Valsesia e la Valsessera, a metà strada tra Biella e il Lago Maggiore, per intenderci.

Gattinara fu uno dei centri dell’enorme caldera del supervulcano: appena si scava lo strato argilloso e detritico dei terreni, l’arcobaleno fossile si palesa nelle meravigliose sfumature delle rocce magmatiche qui presenti. C’è il viola rosaceo del porfido, il rosso aranciato dei cristalli ferrosi, il bianco dei graniti ricchi di magnesio e il nero dei basalti, rocce effusive durissime ricche di silicio, il risultato più evidente della fuoriuscita lavica dalla litosfera.

Inutile dire che la vite (che a Gattinara copre una superficie di circa 100 ettari immersa tra boschi prealpini) beneficia di questa varietà minerale. Nel Gattinara Docg, il vino che prende il nome proprio dal comune dove viene prodotto, si può facilmente riscontrare una nota sapida, che completa l’elegante finezza e l’austera opulenza del nebbiolo, vitigno principe del Piemonte e base ampelografica dello stesso Gattinara (almeno al 90%).

A Gattinara i suoli fanno davvero la differenza. Perché oltre alla varietà di rocce magmatiche, più in superficie, ci sono le marne argillose, di origine terziaria, tipiche di tutte le colline del vino piemontesi; e i residui morenici del fiume Sesia, ciottoli e pietre portate a valle dallo scioglimento dei ghiacciai alpini. Una felice complessità geologica che si accompagna a terreni generalmente poveri di humus, che stressano fortemente le viti e costringono le radici ad andare in profondità, “bucando” gli strati di roccia magmatica per assimilarne i microelementi. Nascono così vini davvero complessi, di enorme profondità e strutture degne dei migliori vini da affinamento. Vini che stupirono lo scrittore Mario Soldati («un sorso di Gattinara, non chiedo di più») e il gastronomo e giornalista del vino Luigi Veronelli, che ne esaltava la capacità di invecchiare pur risultando un sorso sempre fresco e vellutato.



COLTIVARE LE DIFFERENZE

Tra i grandi interpreti del Gattinara Docg è impossibile non citare Travaglini, storica azienda del luogo, la cantina che, con i suoi 55 ettari vitati, rappresenta il vigneto più esteso della denominazione.

Travaglini è l’anima del Gattinara per almeno due ragioni. Da una parte, grazie all’opera dei suoi precursori (Clemente, Arturo e Giancarlo Travaglini) ha restituito dignità e importanza ai vini prodotti in zona, innalzando la qualità del Gattinara fino a farlo sedere tra i grandi rossi del Piemonte e del mondo intero. Come è accaduto nel novembre dello scorso anno: il Gattinara 2016 di Travaglini è stato scelto da Forbes tra i 20 migliori vini per accompagnare la cena del Ringraziamento e quest’anno il Gattinara 2015 è stato inserito nella Top 100 Wine Spectator.

Dall’altra perché le nuove generazioni (Cinzia Travaglini e il marito Massimo, le figlie Alessia e Carolina) si sono confrontate con la tradizione e l’hanno portata un passo avanti, dando vita ad un’opera di “parcellizzazione” dei vigneti, ovvero iniziando a scegliere e vinificare separatamente i migliori appezzamenti di proprietà per ottenere vini sempre più caratteristici, espressione diretta di particolari microterroir della zona.




Accanto ai Gattinara Docg e al Gattinara Docg Riserva (che il nonno Giancarlo già sceglieva dai vigneti più vocati), si sono aggiunte etichette come il Gattinara Docg Tre Vigne e il Gattinara Docg Riserva Vigna Ronchi, la cui prima vendemmia è del 2019 e uscirà sul mercato tra qualche anno.

Il Tre Vigne nasce dall’ assemblaggio di tre diversi vigneti storici di proprietà da tre diverse “sottozone” della denominazione: Lurghe, vigneto dal terreno argilloso; Permolone, vigneto a terreno roccioso; e Alice, situato nella zona più alta e ventosa del Gattinara, a circa 420 metri.  Il mix di argille, rocce e altitudine dona colore, corpo e intensi profumi, in un vino sempre fresco, equilibrato e giustamente tannico.

La Riserva Vigna Ronchi è invece un single vineyard, un’etichetta ottenuta cioè da un vigneto singolo, quello di Ronchi, posto su uno dei punti più alti della Valfenera (ca. 400 metri), collina a Nordovest del paese di Gattinara, quasi per intero proprietà dei Travaglini. Qui i terreni sono molto variegati e presentano le incredibili colorazioni delle rocce magmatiche: il bruno del porfido, la pietra ferrosa rossastra e un grande panettone di roccia nera (basalto) e bianca (granito), scoperto durante le fasi di scasso per sistemare il vigneto. Il tutto, ricoperto da strati superficiali di terreno più fine, grigio-aranciato. La complessità dei suoli e la lunga vinificazione in botti di rovere, anche se non ancora terminata, fa presagire che la Riserva Ronchi sarà un grande vino, figlio di un microterroir che racconterà in modo chiaro e netto una delle tante – e sorprendenti - anime del Gattinara.

Non dobbiamo infine dimenticare che Travaglini produce altre etichette a base nebbiolo, una gamma completa di vini per tutte le occasioni: ulteriore prova della straordinaria duttilità del vitigno principe del Piemonte, capace “interpretare” i suoli dove viene messo a dimora e regalare, anche sulle colline di Gattinara, una felice complessità di sfumature. 


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